DA L’ITALIA SONO ANCH’IO A…CHE SI FA OGGI? 8-9 giugno voto

Siamo nel 2025 e ripubblichiamo questo articolo del 2022 nel quale ragionavamo sulla lunga battaglia per la riforma della Legge cittadinanza di Reas Syed.

8-9 giugno si vota, lo state dicendo a tutt@? www.referendumcittadinanza.it

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L’associazione Il Razzismo è una brutta storia, dalla sua nascita nel 2011, è stata promotrice insieme a 19 organizzazioni della campagna nazionale per i diritti di cittadinanza l’Italia sono anch’io. È stata poi a fianco del movimento Italiani Senza Cittadinanza nel rilancio della battaglia. Il 5 febbraio 2022 l’anacronistica Legge sulla cittadinanza italiana del 1992 ha compiuto trent’anni, ed è ancora tutto fermo.Oggi proviamo a guardare alla nostra esperienza del 2011-2012, agli sforzi successivi e a quelli in corso, attraverso le voci di chi c’era, lo sguardo su chi c’è e le riflessioni maturate in questi anni. 

Dalla campagna L’Italia sono anch’io

Ricordando quegli anni, Reas Syed, giurista e socio di Razzismo Brutta Storia attivo ne L’Italia sono anch’io., ricorda che “innanzitutto non dovremmo parlare di trent’anni della Legge presente ma di centodieci, perché la Legge del 1992 ricalca la legge del giugno 1912”, costruita in concomitanza con le invasioni del colonialismo Giolittiano e quindi necessariamente influenzata da un quadro coloniale. Un quadro che, come ricorda spesso la scrittrice Igiaba Scego, permea  anche altre aree della legislazione italiana in fatto di immigrazione, con un impianto che di fatto divide cittadini vs sudditi. 

Oltre alla constatazione che centodieci anni sono un tempo impensabile per questo immobilismo, Syed racconta che ripensare agli anni de l’Italia sono anch’io significa innanzitutto ricordare “un momento di grande partecipazione, e un’esperienza che era di per sé un’esperienza di cittadinanza”.  

La campagna nazionale L’Italia sono anch’io per i diritti di cittadinanza chiedeva una forma di Ius Soli – per le/i nati in Italia da genitori stranieri regolari da almeno un anno – e il voto alle amministrative per i cittadini stranieri. Inaugurata nel 2011 e promossa da diciannove organizzazioni strutturate – dai Sindacati confederali, all’Arci, alle associazioni antirazziste e solidali, religiose e laiche, al Comune di Reggio Emilia – ha visto l’adesione di oltre cento realtà a livello nazionale, anche piccole associazioni ‘di comunità’ e di seconda generazione. Nel 2012 L’Italia sono anch’io ha depositato una proposta di legge popolare, con 200.000 invece delle 50.000 firme necessarie, raccolte in circa sei mesi su tutto il territorio nazionale. Nel dettaglio, le firme raccolte sono state 109.268 a supporto delle proposta di legge “Modifiche alla L. 5 Febbraio 1992, N.91 Nuove Norme Sulla Cittadinanza” e 106.329 per la proposta di legge “Norme per la partecipazione politica ed amministrativa e per il diritto di elettorato senza discriminazioni di cittadinanza e di nazionalità”.

La proposta di legge, spiega Reas Syed, chiedeva “molto semplicemente che non ci fosse differenza a livello giuridico tra chi nasce e cresce in Italia da genitori di origine straniera con permesso di soggiorno e chi nasce e cresce in Italia da genitori autoctoni”, ma la proposta non è mai stata neanche discussa, è finita nei cassetti delle Istituzioni…non è stato facile raccogliere le firme, fare quel percorso coinvolgendo una fetta importante della cittadinanza ed evidenziando alle istituzioni la necessità di intervenire su quello che sostanzialmente è un ‘anacronismo legislativo’, e poi rendersi conto che passano due legislature e questa cosa non viene neanche calendarizzata…ma l’esperienza in sé è stata un’esperienza importante…e la cosa più bella era vedere come si riempivano le piazze, e come rispondevano le classi”. 

Razzismo Brutta Storia ha partecipato organizzando i banchetti per la raccolta firme nelle librerie Feltrinelli e attivando la campagna di fotografia partecipativa INSIDE/OUT L’Italia sono anch’io con l’artista francese JR Artist, che ha portato nelle piazze e nelle scuole lombarde. 

Ricorda Reas che venivano poste alle e agli studenti due domande: “Chi di voi è italiano/a?” e Chi di voi sa perché è italiano/a?, e questo spesso spiazzava tutte e tutti… qualcuno spiegava che non aveva alzato la mano perché i suoi genitori erano di origine straniera e si poteva leggere lo sgomento sulle facce dei compagni…quando scoprivano che c’era una differenza..era immediata la voglia di attivarsi.” 

In generale racconta che la campagna ha avuto il merito di informare la società civile su un tema che non si conosceva. Nelle scuole molte e molti ragazzi autoctoni non sapevano proprio cosa volesse dire ‘cittadinanza’, e lo scoprivano a partire dalla sua assenza per le e i loro compagni: “si rendevano conto di non aver mai pensato al proprio essere cittadini e al suo significato”.

Gli incontri e le affissioni poi erano una piccola dimostrazione concreta di cittadinanza attiva: ci si informava su un tema molto vicino al mondo scuola; venivano realizzate fotografie con l’assegnazione di ruoli diversi; le foto venivano mandate all’artista JR – artista francese che utilizza la tecnica del “collage” fotografico per sostenere cause in diversi Paesi – per l’elaborazione e la stampa, e venivano poi organizzate giornate di affissioni partecipate dei volti vicino alle scuole o nelle piazze”. La pratica dell’attacchinaggio – fondamentale per i movimenti – era integrata con successo in questa campagna ampia, con il tappezzamento dei muri di 6 città: Reggio Emilia, Palermo, Milano, Firenze, Cagliari, Sassari e Trieste. 

Insieme alla campagna Reas ricorda che “in quegli anni c’erano state anche importanti azioni giudiziarie, come la causa che ha aperto il servizio civile a chi aveva genitori di origine straniera, o quella che impediva agli enti pubblici di sbarrare l’accesso al lavoro nei servizi come l’ATM o nelle amministrazioni locali. E aggiunge che proprio le amministrazioni locali sono state molto ricettive. L’ANCI – Associazione Nazionale Comuni Italiani – si era spesa dal 2005 sul voto amministrativo a chi era nato fuori dall’Italia, battaglia confluita poi ne L’Italia sono anch’io: “Ci si rendeva conto che all’interno dei comuni e dei piccoli borghi cresceva la nuova generazione di bambine e bambini con genitori stranieri e che avevano prospettive di costruire la propria vita in Italia.”

Andiamo al 2015, quando è stata approvata alla Camera la proposta che portava al cosiddetto “Ius Soli temperato” e “Ius Culturae”, poi bocciata in Senato.

Reas Syed spiega che si è trattato di una pesante svalutazione e ridimensionamento: “lo ius culturae non ha lo stesso fondamento giuridico che si ambiva attraverso l’Italia sono anch’io.” 

In base al cosiddetto “ius soli temperato”, chi nasce in Italia da genitori stranieri acquista la cittadinanza italiana se uno dei genitori ha il permesso di soggiorno UE per lungo soggiornanti (per persone con cittadinanza extra UE) o il diritto di soggiorno permanente (per persone UE).

Lo Ius culturae invece prevede che chi ha genitori senza permesso UE, e chi arriva in Italia entro i 12 anni, può diventare cittadina/o italiana/o dimostrando di aver frequentato regolarmente, per almeno cinque anni, uno o più cicli scolastici o percorsi di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale idonei al conseguimento di una qualifica professionale.

Reas spiega che questa proposta non aveva senso, perché per quanto riguarda il primo “c’erano criteri troppo restrittivi legati al reddito”, mentre per la seconda: “non si capisce perché a livello giuridico un bambino dovrebbe nascere straniero e diventare cittadino  come premio nel corso degli studi…O riconosci un soggetto appena nato come italiano, oppure giuridicamente non succede niente. Ma non ha senso neanche parlarne troppo perché era già un compromesso al ribasso, un annacquamento della proposta…la società civile ha portato un’istanza e la risposta è stata uno snaturamento, a cui probabilmente non credevano le stesse parti che l’hanno portata avanti”. 

Negli anni successivi Razzismo Brutta Storia inizia a seguire e sostenere il nuovo sforzo per la riforma portato avanti dalle e dai giovani del movimento Italiani Senza Cittadinanza. Nel 2017 nuovi flash mob –  l’artista Simon Samaki viene da Londra per animare le piazze – un passaporto gigante si staglia nelle librerie Feltrinelli, e ancora si è lì per “metterci le facce”.

Nel 2018, in occasione della Giornata mondiale contro il razzismo, si organizza la proiezione del cortometraggio Io sono Rosa Parks, curato da  Italiani Senza Cittadinanza e dibattiti in oltre 10 librerie Feltrinelli d’Italia. È forse in quel momento che inizia a ragionare pubblicamente sui motivi dei vari affossamenti. 

Riguardando indietro…

Chi c’era ne L’Italia sono anch’io? C’erano le associazioni ‘senior’ ma non c’era la base delle realtà a composizione immigrata? C’erano i figli ma non c’erano i genitori? Si è polarizzata e caricata politicamente una battaglia che poteva essere giocata in maniera più efficace su altri piani, quali quello amministrativo? Bisognava unire subito il discorso a uno sulla Bossi Fini, altro impianto che crea sudditanza e abitanti di serie B, e alla più ampia criminalizzazione dell’immigrazione?

La Senior Advocacy Officer del Network Europeo Antirazzista ENAR, Juliana Walghren, in merito alla traiettoria della campagna per la cittadinanza in Italia aveva affermato: “quando non c’è opportunità politica per dei cambiamenti serve concentrarsi sul livello della coalizione, e sul costruire le basi per attivarsi quando ci sono le condizioni”. Forse si è continuato a uscire con eventi quando si sarebbe dovuta costruire maggiormente la coalizione? Si è parlato solo di cittadinanza, mentre andava costruito un discorso più ampio, che riguarda anche altre Leggi (Bossi Fini)? Questi sono alcuni dei nodi che restano oggi e su cui si può agire diversamente. 

In quel 21 marzo 2018 a Milano, il regista italo-srilankese Surang Katugampala aveva affermato in modo semplice che “non se ne può più di doversi definire italiani, questa è una resistenza del continente europeo sempre più vecchio: ma parliamo di generazioni ponte, e così vanno lette, perché c’è in gioco un cambiamento molto più profondo delle nostre società”. 

Su queste linee di riflessione, Reas Syed afferma che forse uno dei limiti strategici è stato “aver puntato al ciò che sembrava ovvio e una sorta di minimo comun denominatore che vedeva il consenso da parte di tutta la cordata…forse si doveva puntare più alto per poter raggiungere questo risultato minimo.”

Rispetto alla narrazione “quando ti rivolgi alla politica e butti un argomento rilevante nel match delle tifoserie c’è ovviamente il rischio che si carichi ideologicamente, come è avvenuto, e diventi subito un altro terreno di campagna elettorale in un senso e nell’altro.  Già L’italia sono anch’io era un tavolo di forti compromessi, nel confronto con l’esterno è stata ancora più dura.” 

Che si fa oggi?

Queste riflessioni sono proseguite per Razzismo Brutta Storia nel 2019, con la costituzione di un comitato di Associated Experts, che alla prima riunione rifletteva sul fatto che l’Italia ha conosciuto diverse stagioni di antirazzismo, ognuna concentrata su un aspetto e con ogni battaglia che tendeva a oscurare la precedente, e tutte ugualmente inconcludenti. E nel frattempo le generazioni di persone razzializzate si moltiplicano e diversificano e i nodi restano aperti. 

Nel frattempo comunque ci hanno pensato i Decreti Sicurezza ad aggravare la situazione per chi nasce e cresce in Italia da genitori nati altrove. 

Dopo i passaporti grandi, piccoli e medi, le foto e le facce, i flash mob, le raccolte di firme, oggi continuiamo a seguire gli sforzi in atto: che sono quelli di Italiani Senza Cittadinanza con la Campagna Obiettivo Cittadinanza e della campagna Dalla parte giusta della storia, che sottolineano come tutto sia cambiato in Italia negli ultimi trent’anni tranne la cittadinanza. E lo facciamo senza dimenticare le riflessioni su quanto è successo e sui limiti di un discorso sulla cittadinanza che non tiene presente ragionamenti più ampi su come si combatte il razzismo strutturale in tutte le sue dimensioni. 

Sulle ragioni del fallimento e su cosa fare oggi Reas Syed afferma che 

“la ragione del fallimento è uno scollamento tra politica e realtà, anche quella stessa politica che ha sostenuto le campagne…e il lavoro che andrebbe fatto oggi è lo stesso che aveva senso allora, ovvero parlare con i giovani con i loro linguaggi, stare anche sui social. Rilanciare un dibattito politico non so se abbia senso: in questo momento siamo sempre all’inseguimento di emergenze e c’è molto poco spazio. La cosa riemerge sotto elezioni col rischio di nuove strumentalizzazioni, di nuove promesse che non vengono mantenute. Invece il lavoro dal basso e nell’ambito della cultura ha sempre senso e deve essere rafforzato, e proseguire per formare una coscienza comune.”