L’articolo di Anna Granata, pedagogista interculturale e membro del Comitato scientifico di Il Razzismo è una brutta storia, riflessioni e appuntamenti sul tema della mancata riforma della cittadinanza

Integrare o segregare? Il nuovo decreto dedicato agli alunni ‘stranieri’ – di Anna Granata*
Mentre negli Stati Uniti Trump annuncia nuove restrizioni per gli studenti stranieri e la destra tedesca propone di rivedere le politiche di inclusione scolastica, arriva inaspettata un’iniziativa del governo Meloni per l’accoglienza degli alunni immigrati. Con il Decreto Scuola e Sport (71/2024), entrano in aula quest’anno mille docenti di italiano per stranieri: un inedito segno di attenzione nei confronti di questi alunni o un modo per confinarli gradualmente in spazi separati?

Quello dell’accoglienza non è un tema fra tanti ma il cuore stesso del mandato costituzionale di “scuola aperta a tutti”, pensata dai nostri padri e madri costituenti come il luogo dove coltivare il migliore antidoto alla guerra. Il nostro Paese è l’unico in Europa a non prevedere classi separate e preparatorie per alunni migranti e ha maturato negli anni svariati metodi per affrontare la sfida della piena accoglienza dei nuovi arrivati. L’iniziativa di assunzione di mille docenti specializzati si inserisce nel solco di questa tradizione o ha l’obiettivo di tradirla? Quali sono gli effetti di un simile provvedimento sulla vita quotidiana della scuola plurale?
Un primo effetto riguarda l’implemento dei processi di segregazione scolastica. Il decreto prevede che le classi destinatarie del provvedimento debbano avere almeno il 20% di alunni neoarrivati in Italia, iscritti per la prima volta al sistema scolastico italiano e del tutto privi delle competenze linguistiche di base in lingua italiana. Le nostre classi però, anche nei centri urbani più multiculturali, sono organizzate in base a criteri di mescolanza, volti a evitare fenomeni di ghettizzazione di alunni neoarrivati. Se guardiamo poi ai dati più recenti del Ministero, gli alunni neoarrivati sono il 3,2% della platea di studenti con retroterra migratorio, costituendo lo 0,4% della popolazione studentesca totale. Come non immaginare che, in contesti di precarietà e carenza di docenti, le scuole si sentano invitate a creare classi “ghetto”, per poter disporre di un insegnante in più specializzato e stabile?
Un secondo effetto riguarda la qualità della didattica per l’apprendimento della lingua italiana. Ricerca scientifica ed esperienza sul campo delle scuole ci dicono da più di trent’anni che le iniziative di insegnamento dell’italiano come lingua seconda, per essere efficaci, debbano essere accompagnate da un processo più ampio di accoglienza, valorizzazione delle lingue madri degli alunni, costruzione di rapporti fiducia e interscambio con le famiglie. Perché non implementare queste iniziative piuttosto che tornare all’anno zero della scuola interculturale?
Sorprende a tal riguardo che il decreto preveda la possibilità per le scuole primarie e secondarie di stipulare accordi con i Centri provinciali per l’istruzione degli adulti (noti come CPIA) per l’accertamento delle competenze in lingua italiana degli alunni neoarrivati. In questo modo si delegherà a un ente esterno alla scuola – nato per istruire soggetti adulti e non bambini e ragazzi – un compito delicatissimo e cruciale per avviare un’accoglienza positiva.
Un terzo effetto riguarda l’impatto che questa misura potrà avere sulle professionalità dei docenti. Da anni, anche nell’ambito dell’inclusione degli alunni con disabilità, si considera superata l’idea del docente di sostegno interamente dedicato a questa categoria di studenti, preferendo una figura che, in sinergia con gli altri docenti, contribuisca a modificare il contesto per renderlo più attento ai ritmi di apprendimento e alle esigenze dell’intera classe. Perché non pensare di rilanciare la copresenza di due o più docenti in classe, reclutati alla pari, che consenta di avviare una didattica attiva e permetta ai docenti di gestire insieme le numerose sfide delle classi eterogenee? “La scuola la fanno i maestri e non i ministri”, scriveva Manara Malgimigli circa un secolo fa. Una massima valida ancora oggi: sono convinta che anche un provvedimento di questo tipo, intenzionalmente orientato verso percorsi di esclusione e ghettizzazione, possa essere declinato in prassi virtuose da parte di scuole capaci di tenere saldi i principi costituzionali di accoglienza e inclusione. Resta la preoccupazione per una deriva politica, nazionale e globale, che sembra aver smarrito proprio quei principi fondanti.
*Anna Granata è professoressa di Pedagogia presso il Dipartimento di Scienze umane per la formazione “Riccardo Massa” dell’Università di Milano-Bicocca, dove insegna Pedagogia interculturale ai futuri insegnanti ed educatori, ed è parte del Comitato Scientifico di Razzismo Brutta Storia.
Ritorno in classe senza cittadinanza
Dopo la caduta dell’ennesimo tentativo di cambiare la nostra discriminatoria Legge sulla Cittadinanza, le scuole riprendono con le loro abituali disuguaglianze. Espérance Hakuzwimana riflette su questo, su quegli oltre 11% degli iscritti che non hanno la cittadinanza italiana, e sul bisogno di reagire. Trovate l’articolo completo cliccando qui.

E proprio il bisogno di reagire è sentito da tutta la comunità che si è mobilitata nei mesi della campagna referendaria e intende proseguire.
Dai confronti a livello locale e nazionale sugli esiti del referendum sono emersi vari elementi di analisi. Tra questi il fatto che il tema del lavoro e quello dei diritti delle persone con background migratorio sono stati percepiti come due cose lontane tra loro, ed entrambi relativamente poco importanti.
Da qui il senso di urgenza e responsabilità di ritessere un’analisi e narrazione antirazzista che riparta dalla realtà del tessuto sociale, tenendo insieme lavoro, diritti e senso di comunità, perché le proposte di cambiamento smettano di cadere nel vuoto culturale.

Per riflettere anche criticamente sull’esperienza del Referendum, consigliamo la pubblicazione di Left C’è un Paese da cambiare
a cura di Stefano Galieni e Italiani Senza Cittadinanza. Moltissimi i contributi, da parte di chi non intende fermarsi: Ejaz Ahmad, Papia Aktar, Sergio Bontempelli, Damiano Borin, Eliana Como, Marcela Cruz, Soumaila Diawara, Benedicta Djumpah, Ilaria Mohamud Giama, Nedzad Husovic, Rajaa Ibnou, Daniela Ioniță, Simona Jiang, Utibe Joseph, Remon Karam, Muna Khorzom, Kossi A. Komla-Ebri, Letizia Lare Lantone, Ardit Metani, Mohammad Mudassir Butt (Muda), Clara Osma, Hadil Tarhouni, Yohamin Teshome, Ina Varfaj, Sara Zuffardi.
Anche Save the Children propone un approfondimento per questa ripartenza scolastica: disuguaglianze per studenti con background migratorio. Offre dati recenti e racconta le difficoltà che gli studenti senza cittadinanza italiana affrontano nel rientro a scuola, insieme a evidenze sulle potenzialità e le sfide che vivono quotidianamente.
E parlando ci cittadinanza, e di cittadinanza attiva, molte e molti docenti si sono chiesti come si possa riprendere la scuola senza esprimersi su ciò che sta succedendo nel mondo. Nasce così l’iniziativa un minuto di silenzio per Gaza lanciata dal corpo insegnante e ripresa da docenti in tutta Italia.
«L’iniziativa “Un minuto di silenzio il primo giorno di scuola” nasce con l’obiettivo preciso di affermare pubblicamente, di fronte all’intera comunità scolastica, che in Palestina è in corso un genocidio. È un gesto certamente simbolico, ma carico di contenuto, che unisce in un unico e importante momento, il primo giorno di scuola, le classi di tutta Italia. Inoltre, è un atto collettivo che legittima future attività nelle scuole.» Docenti per Gaza
L’idea si sta rapidamente diffondendo in tutta Italia, dopo che l’appello – lanciato dalla rete informale “Scuola per la pace Torino e Piemonte” – è stato raccolto da numerosi istituti dove studenti e docenti hanno voluto manifestare così la loro vicinanza alla popolazione palestinese che da molti mesi ormai vive sotto costanti bombardamenti. In alcune scuole il minuto di silenzio è stato osservato subito dopo l’ingresso in classe, in altre è previsto durante la mattinata. Anche i genitori di numerosi istituti hanno voluto partecipare alla manifestazione di solidarietà con Gaza.
Appuntamenti Bologna – Milano
Questa domenica 14 settembre a Bologna si tiene un appuntamento nazionale di riattivazione, curato da Action Aid con l’associazione Dalla Parte Giusta della Storia.

Programma
🕙
10.00 – 11.30 | “Quei sì mancati” – analisi dati e aspetti sociologici
Intervengono: associazioni, movimenti e rappresentanti dei partiti, sindacati e comitati territoriali in dialogo con Giovanni Forti, analista di YouTrend e Samuele Davide Molli, sociologo; hanno confermato la loro partecipazione alla discussione: On. Riccardo Magi, segretario di +Europa; On. Ouidad Bakkali, PD; Francesca Druetti, Segretaria di Possibile; Guido Silvestri, Co-presidente di Volt Italia, Michele Bulgarelli, Segretario generale CGIL Bologna; Amnesty International; Oxfam; Cospe IOM.
11.35 – 13.00 | “Abilitare la partecipazione. Pratiche e strumenti”
Presentazione del Manifesto delle amministratrici e degli amministratori locali per il diritto alla cittadinanza come lotta collettiva e trasversale e confronto collettivo con amministratrici e amministratori firmatari del Manifesto, consiglier3 comunali della rete RAMI, comitati territoriali del Referendum Cittadinanza
Intervengono: Djarah Kan, scrittrice e divulgatrice, Erika Capasso, Delegata per le nuove cittadinanze del Comune di Bologna; Katia Scannavini, Co-Segretaria Generale di ActionAid Italia; Deepika Salhan, Presidente associazione Dalla Parte Giusta della Storia

Giovedì 19 settembre presentazione a Milano alla Libreria NOI dello splendido romanzo, candidato al Premio Strega, di Saba Anglana: La signora Meraviglia.
Il romanzo segue due fili narrativi che si snodano con un’alternanza di piani temporali: da un lato, la storia di Nonna Abebech, rapita da un ascaro somalo durante l’invasione coloniale dell’Etiopia e poi abbandonata in Somalia, incinta, costretta a reinventarsi una vita. Dall’altro, come in un gioco di specchi, la vicenda della zia Dighei, figlia di Abebech, che dopo quarant’anni in Italia deve lottare per certificare la sua esistenza con un documento. La nipote Saba la accompagna in questo frustrante percorso alla ricerca della Signora Meraviglia – come in casa chiamano la cittadinanza – in un viaggio che si rivelerà decisivo per comprendere la natura di un male oscuro che dalla nonna si è trasmesso a tutta la famiglia. Come ci si libera dal demone dello sradicamento, dalla paura di non essere niente?
Saba Anglana (Mogadiscio, 1970), cantante, attrice e scrittrice. I suoi album musicali, distribuiti in più di 60 paesi, compongono idealmente il suo albero genealogico, tra Italia e Africa Orientale. Come autrice, tra i diversi lavori, ha portato in scena il suo monologo teatrale Mogadishow e lo spettacolo musicale Abebech – Fiore che sboccia. Storia di identità, preghiera e guarigione.
Stay Tuned
Oltre alla mobilitazione fuori dalle scuole, in molte e molti preparano proposte per lavorare su questi temi dentro la scuola.
Seguici per prossime informazioni sulle nostre iniziative e su quelle importanti dal nostro network.