Di Dinusha Hemal Fernando
Ciao! mi chiamo Dinusha Hemal Fernando.
“Come? troppo difficile” ha risposto un signore di cinquant’anni, che stava contando mentre mi rispondeva. Era molto vecchio, mostrava molto più della sua età effettiva. Era vestito male, non mi sembrava assolutamente qualcuno di importante come mi ha accennato il mio cugino. Mio cugino lo conosce bene e ha già lavorato con lui quando è venuto in Italia nel fine anni ottanta.
“Chanaka fallo venire questo ragazzo qui” ha ordinato il signore.
“mannaggia maronna, ti chiamiamo Lucio” ha urlato facendo un cenno a un’altra persona di occuparmi di me. Nel frattempo mio cugino sussurrava qualcosa al signore malvestito che c’era in cassa. Sentivo profumo di caffè e dei dolci che c’erano davanti a me in una vetrina sporca, con le ditate delle persone.
“Genna’, chiedi al ragazzo, Pino… Ferdinando… Lucio.. non so comme si chimm’ stu’ guaglione, se ha fatto la colazione” ha ordinato al barista che c’era dietro il bancone che stava montando il latte per qualche bevanda.
Gente che entrava e usciva. Quel signore con il cappellino, metteva delle tazze e toglieva dopo che era andato via il cliente.
Gennaro, il barista, era vestito con una giacca porpora, stretta, piena di macchie e aveva un cappellino sporco da facchino di hotel stellati. Balbettava in una lingua che non conoscevo, e continuava a mangiare le parole e mi rendevo conto che preferiva comunicare con me a gesti anziché in una lingua verbale.
“Dinusha, ti sta dicendo di venire dietro il banco” ha detto mio cugino Chanaka.
Sono corso e aspettavo che lui finisse il suo compito. Cercava di dire qualcosa prima in una lingua poi un altra. Anche se non capivo cosa stava dicendo ma mi accorgevo che ha iniziato con un’altra cadenza poi ha finito con un’altra. Alla fine si è reso conto che era inutile parlare con me sia in Italiano sia con il napoletano, ha deciso di usare i gesti.
Mi ha mostrato i dolci che erano in vetrina. E con le mani mi ha fatto capire cosa volevo mangiare di tutto quello. Non sapevo cosa scegliere, non li conoscevo.
C’erano dolci di varie forme. Rotondi con qualcosa di nero spalmato, un altro dolce quadrato con qualcosa di rosso spalmato sopra con delle macchie bianche, poi c’erano di un’altra forma strana che mi ha attratto proprio per quello. Ho scelto quello mostrandolo al signore con il cappellino.
Mentre sceglievo i dolci, Gennaro ha messo un bicchiere di latte con la schiuma sul bancone. Poi anche mio cugino è arrivato vicino a me per fare colazione assieme.
“Dinusha ti pagano 300 euro al mese. Sei stato fortunato. Tieniti questo lavoro stretto” ha sussurrato il mio cugino sotto voce e mi ha salutato dicendo che ci vediamo più tardi.
Così ho trovato il mio primo lavoro in Italia, senza documenti dopo due mese dal mio arrivo a Napoli.