Nel 2011 il Mediterraneo è stato spazzato dal vento delle Primavere arabe. Il primo paese a dare voce a una rivolta contro i regimi autoritari che controllavano il Nord Africa fu la Tunisia. Fu la Rivoluzione dei Gelsomini. Con la cacciata di Ben Ali un periodo difficile e combattuto processo di democratizzazione si è aperto e per anni la forza delle organizzazioni sociali e il desiderio di libertà ha saputo tenerlo aperto.

Qualcosa però si era rotto. La politica migratoria, o meglio il regime europeo dei confini dell’Europa è entrato in crisi. I governi autoritari erano ottimi alleati, soprattutto nel controllo delle persone in movimento.
La fine delle missioni di soccorso in mare ed il tentativo esplicito di ostacolare la flotta civile che mano a mano è cresciuta, riempiendo il vuoto lasciato dalle autorità europee responsabili di salvare i naufraghi, sono state una diretta conseguenza di quegli eventi, per anni. Come se un segreto di Pulcinella fosse stato svelato: per costringere le persone ad affrontare il mare in condizioni tali da mettere a rischio la propria vita, per controllare la loro libertà di migrare è necessario che qualcuno usi il pugno di ferro. Anche a questo erano serviti Gheddafi, Ben Ali, Mubarak.

E’ per questo che la svolta autoritaria di Kais Sayed in Tunisia è stata accolta, a Roma soprattutto, con un sospiro di sollievo. Quando poi in Italia Giorgia Meloni ha vinto le elezioni, si è materializzata una grande opportunità, per entrambi.
Se Sayed trovava dall’altra sponda del Mare un governo disposto a chiudere due occhi sulle violazioni dei diritti umani, Meloni trova finalmente qualcuno disposto a mettere da parte la storia tunisina di accoglienza e solidarietà per costruire il suo consenso sulla retorica della sostituzione etnica.

L’escalation dei discorsi infuocati va di pari passo con vere e proprie “cacce al nero”, mentre l’Italia diventa alfiere del rapporto tra la nuova Tunisia e l’Europa. L’immagine di una mamma e una bambina morte di sete nel deserto fa il giro del mondo, ma pochi giorni dopo la premier si presenta con Von Der Leyen e Rutte a Tunisi, per siglare un accordo di cooperazione.

In una delle rare, difficili e pericolosissime manifestazioni contro il regime, che reclamano anche la fine di questa escalation di razzismo, un cartello dice: “Non vogliamo essere governati dagli Italiani”.

Questo e altro al centro dell’incontro Il deserto dei diritti il 20 giugno alle 18.30 in Fondazione G. Feltrinelli.



Articolo pubblicato in Articoli, il 12 giugno 2024