Non dirmi che hai paura Lab visto da Franca Pellizzari, insegnate della scuola media Don Milani di Lesmo.
Parlare nello stesso tempo di una vicenda tragica, conclusa con la morte della protagonista, e di quanto sia esaltante seguire i propri sogni pare impossibile, così come è quasi impossibile tenere desta l’attenzione di un gruppo di vivaci preadolescenti usando la sola arma della parola.
Eppure è proprio quello che è successo conGiuseppe Catozzella durante l’incontro che ha avuto con gli allievi della scuola media di Lesmo.
I ragazzi sono stati incantati dalla storia di Samia, un’adolescente non troppo più grande di loro, e dalle capacità narrative dell’autore, che si è messo a disposizione dei giovani ascoltatori. Molti hanno voluto capire quanto sia stato difficile una narrazione in prima persona, indossando i panni di qualcuno diverso per età, sesso e cultura; Catozzella ha risposto a questa e ad altre domande “scomode” in modo semplice, ma mai banale, rendendo l’incontro un momento indimenticabile per i giovani ascoltatori.
Tra i tanti, due motivi sono parsi di particolare rilievo anche a me adulta, che sente la responsabilità di educare le giovani leve. Il primo riguarda il lavoro del narratore: lo scrittore ha spiegato che, accanto al talento naturale di chi sa raccontare delle storie, occorrono tanto lavoro, fatica nel trovare la documentazione e anche tanta umiltà, quando ci si accorge di dover ricominciare una narrazione che non soddisfa. Un insegnamento che vale per sempre, qualunque sia l’attività in cui ci si voglia cimentare.
Ancora più interessante l’altro aspetto: la vicenda reale termina in modo tragico, ma nella finzione narrativa l’autore ha voluto regalare un futuro a Samia, perché, sono parole sue, ognuno deve poter seguire i propri sogni. E questo mi pare l’augurio più bello per i nostri ragazzi, che troppo spesso limitano i loro orizzonti e non sono capaci di rivolgere il loro sguardo verso l’alto.
Non dirmi che hai paura – Il libro
Avevo sempre in mente il vento, che Alì mi diceva di cavalcare. Distese di verde irrorate da vento e gialle farfalle.
Samia è una ragazzina di Mogadiscio. Ha la corsa nel sangue. Ogni giorno divide i suoi sogni con Alì, che è amico del cuore, confidente e primo, appassionato allenatore. Mentre intorno la Somalia è sempre più preda dell’irrigidimento politico e religioso, mentre le armi parlano sempre più forte la lingua della sopraffazione, Samia guarda lontano, e avverte nelle sue gambe magre e velocissime un destino di riscatto per il paese martoriato e per le donne somale. Gli allenamenti notturni nello stadio deserto, per nascondersi dagli occhi accusatori degli integralisti, e le prime affermazioni la portano, a soli diciassette anni, a qualificarsi alle Olimpiadi di Pechino. Arriva ultima, ma diventa un simbolo per le donne musulmane in tutto il mondo. Il suo vero sogno, però, è vincere. L’appuntamento è con le Olimpiadi di Londra del 2012. Ma tutto diventa difficile. Gli integralisti prendono ancora più potere, Samia corre chiusa dentro un burqa ed è costretta a fronteggiare una perdita lacerante, mentre il “fratello di tutta una vita” le cambia l’esistenza per sempre. Rimanere lì, all’improvviso, non ha più senso. Una notte parte, a piedi. Rincorrendo la libertà e il sogno di vincere le Olimpiadi. Sola, intraprende il Viaggio di ottomila chilometri, l’odissea dei migranti dall’Etiopia al Sudan e, attraverso il Sahara, alla Libia, per arrivare via mare in Italia.
Giuseppe Catozzella per mesi è entrato dentro la vita reale di Samia, e l’ha reinventata in una voce dolcissima, scrivendo un romanzo memorabile. Da quella voce, da quell’io leggerissimo che ci parla con fermezza e candore, si sciolgono la struggente vicenda di un’eroina dei nostri tempi, la sua fiaba, e insieme il suo destino.